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Papa Francesco I in Brasile
e San Francesco a Tarquinia
di Luciano Pranzetti

Una folla  babelica e caotica,  durante la Messa celebrata da Sua Santità Francesco I,  si muoveva e si agitava con grida e sventolar di bandiere, nel consumo di bevande e cibarie; la distribuzione dell’Eucaristia su mani sudaticce, su tante anonime mani che si protendevano dalla massa e a cui, irresponsabili,  stolidi ed imprudenti preti consegnavano la Particola senza preoccuparsi di che destinazione avrebbe preso.
Non Cristo al centro, ma l’uomo a cui l’applauso scrosciava come tuono.
Frattanto a Santa Marinella (RM), alle pantofole del Papa, in tutt'altre faccende affaccendato, accade che una chiesa venga usata come ludoteca infantile... ma d'altronde tutto è nello stile di Francesco I

Grassetti, colori, parentesi quadre, sottolineature, corsivi
e quanto scritto nello spazio giallo sono generalmente della Redazione

     Il lettore converrà con noi sull’opportunità di una partenza ab imis che ci permette di lumeggiare una stridente contraddizione e di evidenziare quanto lo spirito riformistico ed innovativo abbia nociuto, e nuoce tutt’ora alla Katholica.
 

 

     I benemeriti Frati Francescani dell’Immacolata sono, da 10 anni, Rettori della chiesa gotico/romanica di San Francesco in Tarquinia, meravigliosa opera del XIII/XIV secolo, ed ivi, ogni domenica, alle ore 07,30, celebrano il Santo Rito della Messa nella forma solenne tridentina. Sicché, per grazia di Dio, dopo 44 anni da quell’infausto 3 aprile 1969, anno in cui venne varato il Novus Ordo Missae di Paolo VI deformato dal massone Annibale Bugnini e dai soci protestanti, abbiamo avuto la possibilità di “assistere” –diciamo assistere  e non “partecipare”–  a un Rito ricco di sacralità, di santità, di solennità quale si deve al Signore, di orazione e di silenzio, oltre che connotato, nei fedeli, da decoroso abbigliamento.
 

 

     L’animo nostro ha così potuto riconquistare la disposizione interiore che, per 27 anni, in fanciullezza e gioventù, ci aveva permeato la mente e il cuore allorché, dalla sagrestia è uscita la processione dei diaconi, in testa la Croce astile, il turiferario, i ceri, il celebrante mentre il coro salmodiava in un ascetico gregoriano. E poi: dall’  introibo ad altare Dei, fino al Confiteor, all’incensazione dell’Altare, al bacio della mano del celebrante, all’ offerimus tibi Domine calicem salutaris.., alla purificazione delle mani,  lavabo inter innocentes manus meas,  al prefazio ed ancora, dopo il  Sanctus Deus Sabaoth,  al momento metafisico della “Transustanziazione” cui ci si prepara con il  Te igitur clementissime Pater, nel silenzio raccolto in cui il celebrante pronuncia sotto voce il misterioso canone,  “qui pridie quam pateretur accepit panem in santas ac venerabiles manus suas... Hoc est enim Corpus meum”, e, dopo la solenne adorazione  del Corpo del Signore –fedeli tutti in ginocchio–,  il mistero della conversione del vino nel Suo Sangue, “Hic est enim calix Sanguinis Mei, novi et aeterni testamenti: mysterium fidei qui pro vobis et pro multis effundetur in remissionem  peccatorum”.
     Un susseguirsi di grazie e di preghiera.
 

 

     Gli angeli parevan raccolti attorno all’altare, proni in ginocchio ardentemente desiderando ciò che a loro è vietato ma che è concesso agli uomini:  il Corpo e il Sangue di Lui.
 

 

     Nel nostro cuore -nel mio cuore-  sommerso da commozione e da reverenza per quel terribilis locus ove avveniva la discesa di Cristo tra di noi, è esplosa la gratitudine  per aver, dopo 44 anni di banalità e di ordinarietà liturgica, vissuto l’esperienza del divino e con il Poeta abbiamo, intimamente, esclamato : “O isplendor di viva Luce eterna!” (Pg. XXXI, 139).
 

 

     Accostarsi all’altare per la Santa Comunione, riceverla in ginocchio, con la patena che proteggeva il Corpo divino da eventuali frammenti in dispersione, avendo accanto i diaconi con il cero ardente, ricevere ancora la benedizione trinitaria in ginocchio senza la becera, salottiera e  moderna appendice del “buona giornata”, è come aver effettuato un lavacro rigeneratore. Ho visto chiaro, immediato lo spaventoso abisso che separa questa celebrazione da quella paolosesta:
     qui la trascendenza del Sacrificio del Signore, centro di ogni gesto e parola, la cosiddetta “sinassi”, l’assemblea, la comunità attorno alla mensa;
     qui il silenzio e l’adorazione, il chiasso, il pettegolezzo, il disdoro;
     qui il dovere dell’inginocchiamento, giusta San Paolo Fil. 2,6/11, la proterva supponenza di chi resta in piedi davanti all’Onnipotente.
     Un abisso, cari lettori, un incolmabile abisso.
 

 

     Perché, dunque, abbiamo voluto parlare di questa nostra –mia– esperienza?
     Per un confronto: per aver visto, nelle immagini televisive del viaggio papale in Brasile,
     – non la Croce astile precedere il Pontefice o in sua mano,
     – ma uomini del servizio di sicurezza (quelli che Gesù non volle nel Getsemani –le legioni degli angeli–), 
     – una folla  babelica, caotica  che, durante la Messa celebrata da Sua Santità Francesco I,  si muoveva e si agitava con grida e sventolar di bandiere, nel consumo di bevande e cibarie;
     – la distribuzione dell’Eucaristìa su mani sudaticce, su tante anonime mani che si protendevano dalla massa e a cui, irresponsabili,  stolidi ed imprudenti preti consegnavano la Particola senza preoccuparsi di che destinazione avrebbe preso.
 

     Non Cristo al centro, ma l’uomo a cui l’applauso scrosciava come tuono.
     Qui, raccolti nella casa di Dio, sotto le arcate solenni e silenziose, là nel magma vociante dello stadio ove nulla era la dimensione della preghiera. Miserere nostri Domine! Fiat misericordia tua super Ecclesiam.
 

 

 

Frattanto a Santa Marinella (RM), alle pantofole del Papa, in tutt'altre faccende affaccendato, accade che una chiesa venga usata come ludoteca infantile...

 

     Abbiamo scoperto, ma ce lo aspettavamo prima o poi, che nella chiesa del Carmelo, omonima parrocchia in Santa Marinella (Roma)  –laboratorio di esperimenti “ecclesiali”, propagandista del così detto “christian rockurlato durante la Santa Messa, già protagonista per derive dottrinarie (dogmatica  e  mariologia) fatte scorrere  su  un  foglietto  locale  “Venite e Vedrete” e  che  la rivista Sì  Sì  No  No (30 novembre 2012  pag. 7) censurò di netto–  in questa chiesa, dicevamo,  il parroco ha riservato uno spazio della cantoria, di pochissimo discosto dall’altare, a deposito di giocattoli, pelusci, giornalini, colori, ninnoli ed ammennicoli. Sono ad uso dei piccoli che  –così ci è stato spiegato–  restando occupati nei giochi, lasciano liberi i genitori di partecipare alla funzione religiosa. Che poi gridolini, scorribande, rumori e suoni di trombette, capriole, vagiti e urletti costellino l’intera celebrazione, non è problema dacché anche Gesù dimostrò amore particolare verso i piccoli, un autorevole laico mi spiega. E ciò che i piccoli fanno non è mai disturbo!
 

 

   – Sì, abbiamo osservato, è il famoso “sinite parvulos venire ad me(Mt. 19, 14), ma citato a sproposito perché  non ci risulta che, durante la Cena pasquale precedente la Passione, Egli abbia ordinato ai suoi di apprestare un’area a ludoteca.
     – Già, mi risponde lo stesso laico, ma la Messa altro non è se non la comunità dei fedeli da cui non possono essere esclusi i piccoli, vale a dire, la paolosesta  “sinassi”.
     – No! tronchiamo immediatamente:  la Santa Messa è il Sacrificio incruento di Gesù, il solo  ed unico Centro del Rito. L’assemblea assiste  e non è la presenza di questa a rendere valida la Santa Messa  in quanto Cristo la rende  valida in sé e per sé, valida anche senza i fedeli. 
     – Ma la Messa, ribatte sempre il laico autorevole, non è più sequenze penitenziali e atti che trasmettono timore; la Messa  è gioia da cui non possiamo escludere i bambini.
     – Anche questo, replichiamo, è un luogo comune, banale e velenoso, perché la Santa Messa è il Mistero di Cristo che s’incarna sotto le specie del Pane e del Vino e davanti al mistero non si gioisce e non si piange, non si schitarra e non ci si agita, ma ci si raccoglie  in adorazione, si sta in contemplazione, due categorie metafisiche immuni da antropologica  o  sociologica commistione. 
 

 

     Il laico,  amico vicino per conoscenza ma lontano per dottrina, scuote la testa e resta in silenzio. Egli sostiene che questa iniziativa rende la Chiesa più vicina al mondo di cui non sarà più nemica ma Madre sollecita e dialogante, aperta a tutte le necessità compresa quella di far “partecipare” i lattanti, pur se collocati in una ludoteca. Nessuna discriminazione, mai più.
 

 

     Insomma: dopo i pupazzi sull’altare (al funerale dell’attrice Sandra Mondaini),  dopo le motociclette davanti all’altare (al funerale dello sportivo Marco Simoncelli), dopo il gioco televisivo dei pacchi praticato in una parrocchia di Anzio, dopo i canti festivalieri e le danze latino/americane con che don Bruno Maggioni  vivacizza e sporca il Sacramento del Matrimonio…  abbiamo, ora, la ludoteca.
 

 

     Domanda:
     – A quando il bar, opportuna modernità, dove d’inverno, un buon caffè, anzi un cappuccino…, potrebbe predisporre l’animo e il corpo a una migliore “partecipazione” liturgica oltre che favorire quello che i pedagogisti patinati definiscono “momento di aggregazione”? 
     Si accettano scommesse.

Luciano Pranzetti

 

 

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